CORSA CONTRO IL TEMPO

Nell’articolo che pubblicai lo scorso settembre e che potete leggere di seguito al presente, intitolato ‘Una tragedia aeronavale nelle Alpi’, oltre ad avere narrato gli eventi riguardanti lo schianto di un velivolo americano in alta Val Pellice, avvenuto nel 1957, menzionai anche un’altra tragedia che avvenne in tempi più recenti nella stessa località e che ebbi opportunità di documentare in prima persona.
Per le indicazioni dettagliate del come raggiungere la Conca del Prà, il luogo delle due tragedie, rimando il lettore al già citato precedente articolo mentre ora procedo a raccontare l’evento più recente.

Il rifugio Willy Jervis alla Conca del Prà, alta Val Pellice (Torino)

L’antefatto.
Dicembre 2008, i primi giorni del mese regalano una importante nevicata, un ottimo inizio della stagione invernale come purtroppo da anni non se ne vedono più, che imbianca Le Alpi Occidentali. Alla forte nevicata fanno seguito due giorni di vento intenso, mentre le previsioni meteo per il successivo weekend, il ponte dell’Immacolata, indicano tempo stabile soleggiato: ciò significa che per gli appassionati di sport invernali la stagione può iniziare.
Ma è consigliabile praticare solo lo sci di pista, la neve fresca può essere pericolosa. La gente di montagna sa bene che è meglio attendere che il manto nevoso si assesti e consolidi.

Precauzione, forse per una errata valutazione dei molti fattori meteo-ambientali da tenere in considerazione, che non venne adottata da Federico Marco Massimo Walter, quattro amici tutti esperti sciatori e preparati allo sci estremo, uno di loro anche guida alpina. Il gruppo organizza un’impegnativa escursione in Val Pellice, al confine Italo-Francese, con l’intenzione di raggiungere la cresta di confine ad un’altitudine media di 2800 metri per poi, sci ai piedi, buttarsi giù nel ripido canalone fino a valle. Trascorsa la notte precedente al rifugio Willy Jervis, ad un’altitudine di 1732 metri, i quattro amici si misero in cammino al mattino presto.

I principali mezzi utilizzati per le operazioni di ricerca e soccorso, da sinistra: Leonardo AW139 del 118 Piemonte operato dalla società Airgreen, l’autocarro della Protezione Civile attrezzato ed utilizzato quale posto di coordinamento avanzato, il Breda Nardi NH-500 della Sezione Aerea Venegono del Servizio Aereo della Guardia di Finanza.

Un lungo tratto a fondo valle e quindi la salita sul pendio innevato. Pare che quando furono a pochi metri dalla cima sopra di loro si staccò una placca di neve e ghiaccio. Un evento che non lasciò via di scampo, vennero travolti e trascinati verso il fondo valle per oltre 500 metri di dislivello. Nel primo pomeriggio il gestore del rifugio, non vedendoli tornare e conoscendo la meta della loro escursione, diede l’allarme e cercò egli stesso di raggiungere il luogo della valanga. L’avvicinamento al luogo della disgrazia richiese molto tempo, dovendo procedere su terreno innevato e superare duecento metri di dislivello; un lasso di tempo lungo se consideriamo che nel caso di dispersi in valanga il tempo medio di sopravvivenza è dai 30 ai 60 minuti.
In considerazione dei fattori citati, e della differenza di altitudine dal punto del distacco al fronte della valanga, apparve evidente che trovare dei sopravvissuti era una mera speranza; ad ogni modo venne lanciata la missione di soccorso.

Operazioni al Pian Sineive – Conca del Prà: l’elicottero della Guardia di Finanza sorvola l’area della ricerca mentre le squadre del soccorso sondano la valanga, operazione quest’ultima molto complessa che necessita di perfetto coordinamento e sistematicità delle attività.

La mobilitazione.
Il CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino) ed il SAGF (Soccorso Alpino Guardia di Finanza) impiegarono 60 soccorritori, unità cinofile ed un autocarro con la funzione di centro di coordinamento, equipaggiato con radio e stazione meteo. Vennero utilizzati tre elicotteri per trasportare personale ed equipaggiamenti per la ricerca e per monitorare l’area dall’alto: un Leonardo AW139 del 118 Piemonte operato da Airgreen, un Aerospatiale Lama della stessa società ed un NH-500MD della Guardia di Finanza giunto dalla base di Vengono.

Fu una corsa contro il tempo; in dicembre i giorni sono i più corti dell’anno in quanto ad ore di luce e le previsioni meteo indicavano l’arrivo di una nuova perturbazione entro 36/48 ore. Grazie alla sua notevole capacità di trasporto l’AW139 fu subito prezioso nelle prime fasi di intervento, trasportando rapidamente soccorritori ed equipaggiamenti dal campo-base, stabilito sul piccolo campo da calcio del comune di Bobbio Pellice, al fronte della valanga. Ben presto venne affiancato dagli altri due elicotteri ed andò in scena un vero e proprio balletto aereo, che vide il continuo andirivieni degli elicotteri, decolli e atterraggi alternati. Nelle poche ore di luce rimanenti di quel tragico pomeriggio vennero rinvenute le salme di due dei dispersi.

L’NH-500 della GdF imbarco personale specializzato per la ricerca e soccorso sul campo base allestito a Bobbio Pellice, ed in volo con lo stesso elicottero sulla Conca del Prà

Nella speranza che gli altri due sci-alpinisti dispersi indossassero l’ARVA l’AW139 sorvolò più volte la zona cercando di captare un segnale; per fare ciò un apparecchio ricevitore venne sospeso pochi metri sotto la fusoliera in modo tale che eventuali interferenze elettromagnetiche non disturbassero i sistemi di bordo. Nessun segnale venne percepito e solo al calar della notte venne localizzato un oggetto nella neve, in quota al termine del canalone. Poichè era troppo pericoloso avventurarsi là di notte si rimandò al mattino successivo la verifica di che cosa fosse quell’oggetto, il quale, all’alba e visto dall’elicottero, si rivelò essere uno scarpone. Ora il problema era raggiungere quel posto così pericoloso, e nel caso la terza persona fosse là sepolta come fare a recuperarla poiché per l’operazione necessitava di almeno due soccorritori i quali sarebbero stati impegnati per un periodo di tempo piuttosto lungo.
Salire a piedi era impossibile data la forte pendenza e la superficie instabile, col pericolo di altre valanghe. Troppo pericoloso anche l’uso del verricello con i metodi usuali; un rischio veramente eccessivo, anche in considerazione del fatto che le probabilità di trovare la persona viva erano ormai nulle.

Nella zona delle operazioni di ricerca in valanga oltre alle squadre di sondaggio, raffigurate nelle due immagini, operano un direttore di valanga, dei tecnici con la mansione di segnalatori, altri tecnici impegnati quali sentinelle, unità cinofile da valanga, uno o più medici per il primo soccorso.

La soluzione venne trovata attraverso la discussione ed il confronto fra i soccorritori e l’equipaggio dell’AW139. Grazie alle loro rispettive esperienze e competenze ci si accordò per un’insolita modalità operativa; il pilota, Ivo Airaudi, ricorda: “devo dire che l’idea di rimanere in hovering e verricellare su un canalone così stretto e ripido era una prospettiva poco attraente! Decidemmo di effettuare un primo volo di ricognizione del canalone, dalla base alla cima, per identificare eventuali cumuli di neve e ghiaccio instabili. In alcuni punti la massa di neve era impressionante, così decidemmo di volare in hovering al di sopra di essa in modo tale che il flusso del rotore e le vibrazioni avrebbero potuto causare la separazione delle porzioni instabili, ma nulla avvenne, il canalone era in ombra e le basse temperature della notte avevano stabilizzato la neve.”

Ciò fu incoraggiante; il passo successivo fu sistemare due soccorritori, con la funzione di sentinelle, in posti sicuri dai quali potessero osservare la zona di operazione. Collegati via radio avrebbero così potuto dare l’allarme nel caso si verificasse un movimento del manto nevoso. Altri due soccorritori operarono al verricello, costantemente legati al gancio, al fine di assicurare il più alto livello di sicurezza durante il lungo hovering (oltre dieci minuti). Per garantire libertà di movimento i soccorritori prepararono due lunghe longe con un dissipatore tra il gancio del verricello e le longe stesse. In caso di valanga l’elicottero avrebbe così potuto alzarsi da quel punto immediatamente, semplicemente guadagnando quota. I soccorritori poterono così operare con una certa serenità, avvalendosi altresì della necessaria libertà di movimento per poter liberare la salma dalla morsa del ghiaccio.

Nonostante le forze messe in campo non fu possibile salvare i quattro alpinisti, i cui corpi vennero trasportati a valle dagli elicotteri dell’Airgreen, il Leonardo AW139 del 118 Piemonte (a sinistra) e l’Aerospatiale Lama.

Alcune considerazioni del pilota: “Grazie alla potenza dell’AW139 potei mantenere il settaggio dei motori in arco verde, regime normale, per tutta la durata delle operazioni, non avendo così limiti di tempo di volo. I parametri di volo dell’AW139 mi diedero la certezza che avrei potuto mantenere l’hovering anche con un solo motore”.

Ebbi modo di verificare personalmente la situazione ambientale avendo avuto l’opportunità di volare a bordo dell’elicottero della Guardia di Finanza nel corso delle fasi di ricerca; grazie anche alle modeste dimensioni dell’NH-500, ed al ridotto flusso del rotore, fu possibile volare a pochissimi metri dalle rocce, nonché essere depositato nei pressi delle squadre del soccorso impegnate nel sondare la valanga. Operazione quest’ultima che mi obbligò a saltare dall’elicottero posizionato in hovering sul manto nevoso; azione che di per se stessa non fu difficoltosa o pericolosa ma che mi portò a sprofondare nella neve fino alla vita rimanendo praticamente immobilizzato sul posto; fortunatamente ebbi l’istinto di tenere sollevata la macchina fotografica che portavo appesa al collo salvandola da un bagno indesiderato.

Nell’immagine a sinistra la stele eretta a memoria dei quattro amici deceduti al Pian Sineive – Conca del Prà il 7 Dicembre 2008, con sullo sfondo i canaloni teatro della tragedia visti in versione estiva.

Gli elicotteri poterono anche fungere da posto di coordinamento delle operazioni avendo una chiara e complessiva veduta panoramica della zona della valanga, ed i piloti diedero indicazioni al personale a terra del come e dove muoversi; visione indispensabile poiché allo sbocco del canalone la valanga si divise in due sezioni e la seconda di queste era piccola e difficilmente visibile da terra. Il quarto sciatore venne trovato nel corso del terzo giorno di ricerca, poco prima del sopraggiungere di una nuova nevicata che depositò ben quattro metri di neve fresca.

Considerazioni.
L’evento descritto è un chiaro esempio di come l’elicottero sia divenuto uno strumento essenziale nelle situazioni d’emergenza. Il simultaneo impiego di elicotteri di pesi e dimensioni differenti permette di sfruttare le rispettive caratteristiche. Significativo che i soccorritori e l’equipaggio dell’AW139 pianificassero sul campo, in totale accordo, modalità e tecniche operative insolite. Ciò è frutto del continuo addestramento congiunto, il quale crea reciproco rispetto e confidenza nelle capacità professionali di ognuno, il tutto a beneficio della sicurezza e dell’operatività.

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